Sabato 8 gennaio ricorreva il 75° anniversario dalla nascita di David Bowie, uno degli artisti musicali più influenti del XX secolo. Per celebrare questa ricorrenza Morgan, accompagnato da The White Dukes, ha proposto al teatro Verdi di Gorizia il suo appassionato omaggio alla carriera del Duca Bianco.
Nella sua introduzione al concerto vero e proprio, Morgan ha voluto dare al pubblico qualche chiave per poter apprezzare quanto sarebbe seguito di lì a poco: “Certamente molti di voi, me compreso, hanno apprezzato David Bowie perché forse sono un po’ più… un po’ meno convenzionali.”
“David Bowie con il sound ha fatto cose che non c’entrano con il rock. Nel rock ha portato dentro di tutto. E’ grazie a David Bowie che finalmente si è deformato il rock ‘n’ roll, finalmente basta ‘sti cazzo di tre accordi sempre quelli. Mettiamo le note che non ci vogliono! Si sente benissimo in Thursday’s Child, una delle ultime canzoni che ha fatto. E’ tutto giusto tranne un accordo, ed è lì il bello, a un certo punto c’è l’accordo che è una fucilata. E’ chiaro che uno dice ‘Non mi piace quell’accordo’. Allora non hai capito un cazzo! Allora non hai capito che è proprio quando fa la faccia brutta che è bello, è quando canta male che canta bene, è proprio quando il disco suona di merda che suona bene. Il disco di David Bowie deve sembrare strano.”
La selezione di brani tratti dalla produzione di Bowie ha incluso i grandi successi dell’artista inglese, tra i quali Heroes, Let’s Dance, Ziggy Stardust, Absolute Beginners, Under Pressure e altri, tutti ottimamente eseguiti dai The White Dukes. La formazione è composta da: Max Pasut al basso, Alessandro De Crescenzo alla chitarra, Marco Vattovani alla batteria, Luigi Buggio alle tastiere. Le voci sono Andrea Pegoraro e Klara Danelon.
Morgan ha offerto al pubblico di Gorizia un’esibizione intensa e trascinante, cantando, suonando più strumenti e ballando. La risposta è stata molto calorosa, anche al bis conclusivo: il suo primo singolo da solista, Altrove.
Alcuni scatti della serata, a cura di Cristiano Celeghin: