Pat Metheny – Una stella luminosa sul palco del GruVillage
di Domenico Beccaria / ph. Sergio Cippo
Non è il gran nome che tutte le folle conoscono, ma Patrick Bruce Metheny, nato a Lee’s Summit, Missouri, quindi profondo Sud degli States il 12 agosto 1954, è uno tra i più famosi e apprezzati chitarristi jazz in attività e il fondatore, nonché leader, del Pat Metheny Group.
La sua attività musicale è andata dritta in direzione di sonorità particolari, dal Jazz alla musica sperimentale, dal Latin Jazz alla Fusion e alla World Music. La proposta di questa sera, al Gru Village, pur essendo un regalo ai palati fini, vuole anche essere un bell’invito alla massa dei cultori della musica a tutto tondo. In fondo, signori e signore, stiamo parlando di un artista che in carriera ha vinto tre dischi d’oro e una ventina di Grammy Awards e ha suonato con pezzi da novanta del calibro di Ornette Coleman, Herbie Hancock e David Bowie, mica noccioline.
E infatti il pubblico delle grandi occasioni ha risposto al richiamo di Pat, affollando il prato del Gru Village, per l’occasione riempito di sedie disposte ad anfiteatro. Il concerto è la seconda serata dell’undicesima edizione di Gru Village, organizzato dal centro commerciale Shoville Le Gru e con la media partnership di Radio Monte Carlo.
Le prime ombre della notte scendevano ad ammantare la serata, finalmente tiepida e senza i fastidiosi piovaschi che hanno contraddistinto questo giugno torinese, quando le prime note della chitarra di Metheny introducevano ai numerosissimi presenti l’artista a stelle e strisce. Molte le teste grigie, a testimoniare la longevità artistica del chitarrista americano, anche se non mancavano, qua e là, giovani adepti di questo genere musicale, che poi tanto di nicchia non è. Poco dopo le dieci, accompagnato dal suo gruppo e da una moltitudine di insetti vari, che illuminati dall’impianto luci contribuivano a dare un tocco molto suggestivo alla coreografia della serata, le note della chitarra di Pat davano il via alla serata.
Un sound caldo, avvolgente, nulla a che fare, ma lo dico per i non appassionati di jazz,con le note sincopate e angosciose del Be Bop di Charlie Parker e Bud Powell, o con l’allegria frizzante del New Orleans di Louis Armstrong. Melodie che inducono alla riflessione e al relax, magari accompagnate a un bicchiere di buon Bourbon tipico del natio Missouri. Il pubblico ha dimostrato di gradire, sottolineando ripetutamente i passaggi meglio riusciti con applausi a scena aperta e vere e proprie ovazioni al termine di ogni pezzo. Durante lo show, Pat ha duettato sovente con i musicisti del suo gruppo, contrabbasso, piano e batteria, che gli hanno fornito il supporto musicale, stappando applausi per l’affiatamento e la qualità del “botta e risposta” con l’artista di turno chiamato al duetto con lui. La bravura di Pat, nel proporre lo spunto e poi cedere la scena allo strumento invitato al duetto, ha esaltato le qualità individuali dei singoli componenti del gruppo, pur contestualizzandoli nell’insieme armonico del gruppo.
E la scarna coreografia, minimalista al parossismo, ha ancora una volta dimostrato, ammesso che ce ne fosse bisogno, che per fare musica non serve tutto il contorno di ballerini, effetti speciali e quant’altro tipico di generi musicali ed artisti che, non avendo mai saputo, o non sapendo più dare emozioni con il loro strumento, si affidano ad altro per ammaliare e sedurre un pubblico di poveri gusti e facili consensi.
Insomma, due ore di buona musica con la luna a far capolino tra le nuvole che si stavano infittendo a nascondere le stelle, anche se la stella più luminosa della serata era sul palcoscenico. Un Gru Village Festival partito col botto e intenzionato a mantenere alto il livello delle sue serate e dei suoi artisti. Un bel modo di trascorrere le serate di questa estate cittadina.
La PhotoGallery di Music&theCity a cura di Sergio Cippo